Era il 1991 quando il rock ha acceso in Matteo Setti un fuoco dentro di lui. Aveva vent’anni e, come spesso accade a quell’età, avrebbe potuto cambiare strada mille volte. Ma la musica non era solo una scintilla passeggera: era una chiamata.
Per nove lunghi anni ha fatto gavetta, dividendosi tra un lavoro diurno per sbarcare il lunario e le serate nei locali. È stato proprio lì, tra le luci soffuse e le note potenti, che qualcuno ha riconosciuto il suo talento.
Il rock l’ha segnato per sempre e, ancora oggi, sente quella stessa vibrazione scorrergli nelle vene. Per lui il rock è più di un genere musicale: è forza, libertà, spinta. È la vetta della musica.
Generoso e carismatico, Setti ha letteralmente infiammato il Magnani, “domando” l’aria e dando finalmente corpo e anima a quel titolo, Domatore d’Aria, che fino a quel momento era rimasto chiuso in un cassetto.
Quel titolo nasce dal cuore: è stato suggerito da un operatore che lavora con ragazzi autistici, proprio come quelli ospitati a Casa di Castellina vicino a Soragna. Qui, Patrizia Mulazzi e il suo straordinario team di psicologi, infermieri e operatori hanno creato una casa per ragazzi con disabilità.
La serata al Magnani è stata un successo travolgente, con il teatro gremito fino all’ultimo posto. Pubblico arrivato da tutta Italia—Roma, Milano, Verona, Calabria—per ascoltare Matteo e, soprattutto, per contribuire, attraverso il biglietto d’ingresso, al sostegno di F.A.R.D., la cooperativa che gestisce Casa di Castellina, e dei suoi sette ospiti.
Dalla balconata reale, questi ragazzi speciali hanno cantato e applaudito, lasciandosi trasportare dalle emozioni. Ma il momento più toccante è arrivato quando l’“artista senza nome” (ndr), ha regalato al pubblico la sua Miografia: una confessione sincera, il manifesto di una carriera in cui ha capito di essere prima di tutto un interprete.
Un interprete capace di dare vita e voce a storie, personaggi ed emozioni. “La voce danza nell’aria, traccia di pensieri invisibili.” Un entanglement misterioso e magico, dove il canto diventa ponte tra chi canta e chi ascolta, tra chi vive e chi ricorda.
Le Miografie sono questo: voci che si intrecciano nel respiro di chi canta. Sono vite che lasciano un’eco, un’impronta che non svanisce, ma rinasce ogni volta che una nota vibra nell’aria.
E Matteo Setti, con la sua voce e la sua anima, ha reso omaggio a tutte queste storie, in una serata che resterà scolpita nel cuore di chi c’era.
Photo credits Enrico Zermani