Domenica, 30 Agosto 2020 10:41

Rodolfo Lapidario e il Ponte dell’Arcobaleno In evidenza

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Ecco qui la settima avventura di questo nuovo ciclo di racconti che hanno come protagonista Rodolfo Lapidario, l'agente di pompe funebri che sapeva parlare con i suoi defunti. "Rodolfo Lapidario e il ponte dell'arcobaleno"

Di Manuela Fiorini 30 agosto 2020 - Rodolfo Lapidario stava tornando verso la sua agenzia dopo aver accompagnato un “cliente” nel suo ultimo viaggio.

Come sempre, grazie alla sua facoltà di poter parlare con gli spiriti dei defunti, aveva avuto modo di congedarsi anche dall’anima del morto che questa volta, per fortuna, aveva accettato di buon grado la fine della sua esistenza terrena e si era subito diretto oltre il portale luminoso, accesso a un’altra dimensione. Lapidario sentiva però una presenza accanto a lui. Si era più volte fermato e si era guardato intorno per tentare di capire se qualche altra anima lo avesse seguito, magari una di quelle entità legate ai cimiteri o alla propria tomba, ma non c’era nessuna figura evanescente dall’aspetto umano nei dintorni. Eppure, l’impresario di pompe funebri continuava a sentirsi a disagio e sentiva addosso quella sensazione di gelo tipica di quando aveva attorno uno spirito. Solo quando sentì una sferzata gelida sfiorargli una gamba, si decise a guardare in basso.

Con sua enorme sorpresa scorse un cane meticcio dal pelo arruffato biondo, che lo guardava con i suoi occhioni dolci e tondi e la lingua a penzoloni. Si chinò per accarezzarlo, ma l’inconsistenza al tatto e la luce azzurrina che circondava l’animale gli fece realizzare che si trattava di un’anima. Lapidario aveva già avuto a che fare con gli spiriti di animali e la causa per cui rimanevano sulla Terra era l’attaccamento al loro padrone, o, come preferiva definirli Lapidario, i loro “umani”. Più difficile era interpretare i loro desideri e aiutarli a evolversi. Anche se Lapidario non sapeva dire se le anime degli animali, una volta oltrepassata la soglia luminosa, andavano nello stesso posto di quelle degli esseri umani. Il suo “dono” si fermava lì. Poteva vedere e parlare con le anime dei defunti finché esse rimanevano sulla Terra, la sua “missione”, (lo aveva capito negli anni) era quella di aiutarli a evolversi e lasciare andare i lacci terreni, ma poi non gli era dato sapere che cosa succedeva. Faceva parte del grande mistero della morte, affidato alla fede di ogni essere umano.

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Il simpatico cagnone non ne voleva sapere di lasciare andare Lapidario. Lo seguì persino dentro all’agenzia di Pompe Funebri. Alma, la sua segretaria, capì subito dalla sua espressione che il suo principale aveva a che fare con uno spirito.
“Di chi si tratta, questa volta?”, gli chiese alzando gli occhi dal computer.
“Di un…cane. Ha preso a seguirmi da quando ho lasciato il cimitero, dopo l’ultimo funerale…Devo capire che cosa vuole…Gli spiriti dei cani non parlano”.
“Non ne hai mai avuto uno, vero?”.
“In effetti no. Penso che si debba essere sinceri con se stessi e capire se si è in grado di prendersi cura di un animale o no. Insomma, se si ha tempo da dedicargli…”.
“Saggia risposta, capo. Io, invece, ho avuto parecchi cani e ho imparato a conoscerli e a interagire con loro…Spesso, quando si sforzano di attirare così la tua attenzione, vogliono portarti da qualche parte…Penso che anziché farti seguire da lui…dovresti seguirlo tu e vedere dove ti porta…”.
Lapidario pensò che Alma avesse ragione. Così, si rivolse al cagnolone che se ne stava pazientemente seduto impettito ai suoi piedi. “Va bene, amico, dimmi dove vuoi portarmi…”.
Non finì nemmeno la frase che il cane si alzò sulle quattro zampe, si mise a scodinzolare come un forsennato e imboccò la porta dell’ufficio.
“Che cosa ti dicevo? Dai, forza, capo! Corrigli dietro!”, lo incitò Alma.
Lapidario faticò a stare dietro allo spirito del cane. Finalmente, quello scalmanato si fermò all’ingresso di un parco cittadino. Attese Lapidario, poi gli si affiancò e lo guidò lungo un vialetto. Costeggiarono un laghetto e, all’ombra di un albero, seduta su una panchina tinta di fresco, Rodolfo Lapidario scorse una giovane donna dall’espressione triste. Il cane abbaiò forte, ma lei non lo sentì e l’animale ne fu molto dispiaciuto.
“Ho capito, vuoi che parli con lei, vero? È la tua umana…”.
La ragazza stringeva tra le mani una cassettina di metallo avvolta da un nastro azzurro. Accanto a lei c’era un collare con una medaglietta. La giovane li guardava e, a un tratto, lasciò scivolare lungo le guance una grossa lacrima. Lo spirito del cane guaì.
“Posso sedermi qui accanto a lei?”, le domandò Lapidario dolcemente.
“Sì, prego, si accomodi”, gli rispose incurante la ragazza.
“Viene spesso in questo parco?”, tentò di rompere il ghiaccio l’impresario di pompe funebri.
“Prima ci venivo più spesso, insieme a Biagio, il mio cane. Ma lui era molto più di un cane per me, sa? Era il mio migliore amico, quasi un fratello…Può darmi della sciocca, ma chi non ha mai avuto un animale, certe cose non può capirle…”.
La ragazza si strinse al petto la cassettina.
“Mi ha lasciato due settimane fa. Qui ci sono le sue ceneri. Ma è come se lui fosse ancora con me, mi sembra di sentire la sua presenza ovunque vada. Non so se riesce a capirmi…”
“La capisco benissimo. E credo anch’io che il suo amato Biagio abbia trovato il modo di starle vicino, anche se lei non riesce a vederlo”.
La ragazza versò una lacrima e nello stesso tempo, sorrise di un sorriso tirato.
“Sa, signorina, ogni essere, uomo o animale che sia, trascorre su questa Terra un certo periodo di tempo, ma dopo la morte rimane qualcosa, l’essenza, l’anima, insomma, dipende da come la si vuole chiamare…e questa parte più pura dell’essere comincia dopo la morte del corpo terreno un percorso di elevazione ed evoluzione…I cani hanno una vita più breve rispetto agli esseri umani, però deve considerare che il suo amato Biagio ha trascorso accanto a lei tutta la sua esistenza terrena e ritengo che lei gli abbia dato tanto amore, coccole e la migliore esistenza che potesse dargli”.
“Mi manca molto il mio Biagio…”, disse la ragazza con un filo di voce.
“Se le dicessi che lui ora è accanto a lei e sente il suo dolore?”.
La ragazza sgranò gli occhi… “Chi è lei, scusi?”.
“Lo so che potrei sembrarle pazzo, ma son uno che è nato con la facoltà di poter vedere le anime dei defunti…e questa mattina il suo Biagio ha preso a seguirmi e…mi ha condotto fino a lei. Vuole farle sapere che sta bene, di non essere triste e che ha vissuto un’esistenza felice e completa”.
La giovane aggrottò le ciglia…
“Non le credo…che cosa vuole da me?”.
“Nulla, volevo solo comunicarle un messaggio di Biagio…”.
“Allora, mi dica…Biagio ha dei segni particolari sul pelo, quali?”.
Lapidario diede un’occhiata al cagnone.
“Ha il pelo biondo, ma ha la punta delle orecchie e della cosa nere…”.
La ragazza, sconvolta, si alzò di scatto e fuggì via. Lapidario sospirò mentre lo spirito del cagnolone emise un lungo guaito.

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Tornarono insieme in ufficio. L’anima del cane lo seguiva con la coda tra le gambe e il capo chino.
“Allora, come è andata? Avete trovato l’umana del peloso?”, domandò subito Alma.
Lapidario le raccontò quello che era successo.
“Forse, capo, dovevi essere meno brutale. Se dici a una fanciulla affranta per la perdita del suo cane che vedi le anime dei morti, per lo meno ti prende per pazzo…Dovevi addolcirle un po’ la pillola, magari raccontarle del Ponte dell’Arcobaleno…”.
“Aspetta, aspetta…Che cosa sarebbe questa storia?”.
“Mi meraviglio di te, capo…Si tratta di una leggenda indiana, ma è stata recepita anche nella cultura occidentale ed è molto cara a chi ha perso un animale a cui era molto affezionata. Si dice che quando un peloso lascia questa Terra, attraversa il Ponte dell’Arcobaleno per andare in una specie di Paradiso degli animali. Si dice che sia un luogo di pace e serenità, dove tutti gli animali possono vivere in armonia, lontani dalle sofferenze terrene”.
Lapidario ascoltò con attenzione, poi si rivolse allo spirito del cagnolone: “E tu, amico, ci sei mai stato su quel Ponte?”. Lasciò la frase a metà. La figura evanescente di Biagio non c’era più.

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Se lo vide comparire di nuovo davanti una mattina, mentre prendeva un pessimo caffè seduto alla scrivania. Il cagnone era visibilmente felice, ma gli fece capire che doveva seguirlo da qualche parte. In quei giorni, Lapidario si era fatto fare da Alma un corso accelerato di cultura cinofila.
“Ho capito, vuoi che ti segua…”.
Questa volta Biagio non lo condusse al parco, ma lungo le strette strade del centro storico. Lo fece girare come una trottola, finché, da lontano, non scorse la figura della ragazza che aveva incontrato qualche giorno prima sulla panchina. Lei lo vide subito e gli corse incontro.
“Questo è un segno del mio Biagio…la sto cercando da giorni. A tanti ho chiesto di lei, ma non sapevo il suo nome…”.
“Be’, eccomi qui…”, la rassicurò Lapidario con un sorriso.
“Prima di tutto devo scusarmi con lei per non averle creduto…Poi la stavo cercando per raccontarle un fatto incredibile che mi è successo”.
Lapidario la invitò a bere qualcosa in un piccolo locale con i tavolini disposti sulla piazza.
“Credo che Biagio mi abbia portato sul Ponte dell’Arcobaleno…”.
A quelle parole, Lapidario sussultò.
“La conosce la leggenda, vero?”.
“Quella sul Paradiso degli Animali…”.
“Proprio quella…Questa notte ho fatto un sogno, ma non era proprio un sogno. Aveva colori così vivi, mi pareva di essere sveglia. Rincorrevo Biagio in un prato verde e tagliato di fresco, sentivo la rugiada sotto ai piedi. A un certo punto siamo arrivati ai piedi di una grande quercia. Accanto c’era anche un ruscello di acqua purissima. Ecco, lì Biagio si è fermato e ho visto gli altri cani che avevo avuto nella mia vita e anche i gatti…insomma, li ho riconosciuti tutti. Erano felici e in salute. Poi mi sono accorta di un grande cane bianco e…luminoso. Emanava una luce forte, bianca, che trasmetteva pace. Non mi ricordavo di lui…finché non ho raccontato questo sogno a mia madre e lei mi ha mostrato una vecchia foto. Ho riconosciuto subito il cane bianco e lei mi ha detto che quello era il cane di mio nonno, morto quando io avevo pochi mesi…Io non potevo ricordarmelo, capisce? Eppure anche lui ha fatto parte della mia vita…”.
Lapidario si commosse. Biagio era riuscito nel suo intento. Se poteva dire di conoscere abbastanza bene gli spiriti degli esseri umani, su quelli degli animali aveva ancora tante cose da imparare.
“Eh, sì, penso proprio che il suo Biagio abbia voluto fare sapere che sta bene e che andrà in un posto bellissimo, insieme agli altri pelosi che sono stati importanti per lei…”.
Gli occhi della ragazza erano lucidi, ma il suo viso era sereno e non più addolorato.
“Se è vero che vede il mio Biagio, gli faccia una carezza da parte mia e gli dica che io non lo dimenticherò mai. Lo porterò sempre nel cuore…”.
“Penso che lui lo sappia…”.
La ragazza si congedò da Lapidario, ma prima gli allungò un suo biglietto da visita.
“Nel caso abbia qualche altro messaggio…da parte di Biagio. Grazie di tutto signor Lapidario…”.

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Era trascorsa una settimana da quell’incontro. Un mattino, Lapidario sentì uno strano brontolio ai piedi del letto. Aprì gli occhi e si trovò davanti lo spirito di Biagio. Il cagnone gli saltò sul letto pieno di entusiasmo.
“Ehi, ma tu non dovresti già essere sul Ponte dell’Arcobaleno?”.
Il cane non lo mollò un attimo, finché Lapidario non capì che doveva chiamare Anita, l’umana di Biagio, perché il peloso aveva un ultimo messaggio per lei. Si trovarono nella pausa pranzo davanti all’agenzia.
“Vuole che prendiamo la macchina e che lo seguiamo…”, disse Lapidario lanciando un’occhiata in tralice allo spirito del peloso che saltellava davanti alla sua utilitaria. Questa volta, Anita non ebbe alcuna esitazione. Lapidario mise in moto, mentre Biagio si mise davanti alla vettura e fece strada.
Si fermò davanti a una cancellata al di là della quale si intravedevano dei recinti dai quali proveniva un abbaiare insistente.
“Ma questo è…”
“Il canile municipale! Biagio vuole che adotti un altro peloso…”, disse Anita, come illuminata.
Biagio li guidò all’interno della struttura. Una volontaria li accolse, Anita le disse senza esitazioni che desiderava adottare un ospite del canile. Camminarono lungo i vialetti dove si trovavano i recinti dei cani, finché l’attenzione della ragazza non venne attratta da un piccolo cane dal pelo scuro e arruffato. Si avvicinò alla rete e il piccolo le si avvicinò. La annusò un attimo, poi le leccò la mano.
“Lui…è disponibile per l’adozione?”.
“Certo che lo è. Il nostro Luigi è con noi da cinque anni e non aspetta altro che una nuova famiglia. Ci sarà qualche modulo da compilare, il preaffido e poi, se tutto andrà bene, diventerà un membro della sua famiglia”.
“Va bene”, disse Anita sicura. “Ditemi quello che devo fare e lo farò”.
Qualche settimana dopo, Anita entrò nell’ufficio di Lapidario tenendo in braccio il piccolo Luigi, lavato e pettinato di fresco. La ragazza era l’immagine della felicità.
“Penso che Luigi sia l’ultimo regalo di Biagio prima di attraversare il Ponte dell’Arcobaleno”, commentò commossa la ragazza, stringendo a sé il cagnetto.
“È sicuramente così…”, le rispose Lapidario mentre, accanto a sé, l’anima di Biagio brillava di una luce bianca e intensa prima di scomparire per sempre.

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