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90 milioni complessivamente investiti per lo stabilimento e il nuovo customer centre "DEUTZ-FAHR Arena".

Lauingen Germania (10 maggio 2017) - In occasione della presentazione ufficiale del nuovo stabilimento e del customer centre Deutz-Fahr Arena, Lodovico Bussolati – Chief Executive Officer del Gruppo – ha reso note le cifre dell'esercizio 2016, sottolineando come, in un anno dove il mercato mondiale dei macchinari agricoli ha registrato un calo di circa il 10%, SDF nel 2016 ha mantenuto sostanzialmente invariato il proprio fatturato, confermando i buoni livelli di redditività raggiunti negli ultimi anni.
L'esercizio 2016 si è chiuso con un fatturato di € 1.366 milioni, registrando -1,7% rispetto al 2015. L'EBITDA di gruppo è stato del 8,7% pari a 119 milioni di euro, rispetto a 127 milioni di euro del 2015.
Gli investimenti complessivi nel 2016 sono stati pari a 92,5 milioni di euro, dei quali le voci più significative sono state 34 milioni di euro per il completamento del nuovo stabilimento di Lauingen e 23 milioni di euro per nuovi prodotti.

"Il 2016 ha rappresentato per SDF – ha commentato commenta Lodovico Bussolati, – un anno particolarmente significativo. Infatti, in uno scenario di mercato difficile e in ulteriore calo, siamo riusciti a consolidare la crescita registrata negli ultimi esercizi mantenendo la reddittività in linea con gli ultimi anni."

High- Tech "made in Germany
Dopo quasi tre anni, tra progettazione e costruzione, il nuovo stabilimento "DEUTZ-FAHR Land" a Lauingen (Germania) ha iniziato, come previsto a gennaio 2017, la produzione di trattori di fascia alta a partire da 130 cavalli. Nella nuova fabbrica – all'avanguardia per il settore - vengono prodotte le Serie 6, 7 e 9 DEUTZ-FAHR per il mercato mondiale.
I 90 milioni complessivamente investiti per lo stabilimento e per il nuovo customer centre "DEUTZ-FAHR Arena" costituiscono l'investimento più elevato nella storia dell'azienda.

Pronti per il futuro
Con il nuovo stabilimento, DEUTZ-FAHR fissa una pietra miliare per la tecnologia manifatturiera e consolida inoltre il proprio ruolo di attore mondiale nella meccanizzazione agricola. "La nuova fabbrica – afferma Lodovico Bussolati, CEO di SDF – ha un ruolo fondamentale nel consolidamento del marchio DEUTZ-FAHR nel mercato globale. Il nuovo stabilimento produttivo, insieme alla nostra moderna e innovativa gamma di trattori, accelererà la crescita di DEUTZ-FAHR".
"Grazie all'appassionato coinvolgimento di tutti coloro che hanno contribuito al progetto, sia interni che esterni, abbiamo ora il più moderno stabilimento per la produzione di trattori", afferma Andrea Paganelli, Industrial Executive Director di SDF.

Informazioni su SDF
SDF, con sede centrale in Italia a Treviglio (BG), è uno dei principali produttori mondiali di trattori, macchine da raccolta e motori diesel. Distribuisce i propri prodotti con i marchi SAME, DEUTZ-FAHR, LamborghiniTrattori, Hürlimann, Grégoire e Shu-He. La gamma di trattori copre una fascia di potenza da 23 a 336CV e la gamma delle macchine da raccolta va da 32 a 395 CV.
SDF conta 8 siti produttivi, 13 filiali commerciali, 2 joint venture, 143importatori e oltre 3.000 concessionari, occupandooltre 4.100 dipendenti nel mondo. Nel 2016l'azienda ha registrato un fatturato di 1.366milioni di euro e un EBITDA del 9%.

Pubblicato in Agroalimentare Emilia

Editoriale: Borghesia cercasi - Gran rimbalzo dei derivati del latte. - Cereali e dintorni. Prosegue la risalita della farina di soia ogm free. - Vino: boom di richieste per nuovi vigneti. Informatore agrario: 25 volte più degli ettari disponibili -

SOMMARIO Anno 16 - n° 20 21 maggio 2017
1.1 editoriale
Borghesia cercasi
2.1 lattiero caseario
Gran rimbalzo dei derivati del latte.
3.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Prosegue la risalita della farina di soia ogm free.
4.1 coltivazioni ogm OGM, nuovo record di superficie coltivata
5.1 vino Vino: boom di richieste per nuovi vigneti. Informatore agrario: 25 volte più degli ettari disponibili
5.1 finanza Reggio Emilia: UniCredit per il settore agroalimentare
6.1 mais e soia Mais e Soia. Stime per la nuova stagione
6.2 emergenza irrigua Piacenza. E' emergenza irrigua
7.1 biogas Prima giornata del biogas in Emilia Romagna
8.1 promozioni "vino" e partners
9.1 promozioni "birra" e partners

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 20170522-COP

 

Domenica, 21 Maggio 2017 12:02

Borghesia cercasi

Il Rapporto Annuale Istat è impietoso nel fotografare la composizione sociale del nostro Paese.

di Lamberto Colla Parma 21 maggio 2017
Poco meno di dieci anni di crisi hanno quasi del tutto spazzato via il ceto medio, quella fascia sociale che ha retto le sorti dell'Italia contribuendo a collocarla, ai bei tempi, al 5 posto tra i paesi industrializzati.

Ormai è storia!

L'attualità è ben diversa e l'istituto nazionale di statistica mette nero su bianco quello che tutti noi percepiamo ma che il governo si ostina a ignorare.

In sintesi il Rapporto sottolinea come pesi la scomparsa delle professioni intermedie e sia in costante crescita l'occupazione a bassa qualificazione. Numeri pesanti quelli riportati dall'annuario che segnala essere in stato di povertà assoluta 1,6 milioni di famiglie, il 28,7% è a rischio di povertà o esclusione sociale.
Il lavoro si è polarizzato e le professioni intermedie sono scomparse con un consistente aumento delle occupazioni e professioni non qualificate con conseguente riduzione di operai e artigiani.
Nella nuova middle class le donne giocano un ruolo importante: nonostante nel complesso il tasso di occupazione femminile sia più basso di 18 punti rispetto a quello maschile, in 4 casi su 10 le donne sono i principali percettori di reddito.

Nell'ultimo decennio l'Italia ha perso i giovani. -1,1 milioni di 18-34 anni mentre al 1° gennaio 2017 la quota di over 65 anni raggiungeva il 22%, facendo dell'Italia il Paese più vecchio d'Europa.
Ma dei giovani che restano, quasi il 70% degli under35 vive ancora con i genitori e è difficile pensare che siano tutti dei "Choosy" di forneriana memoria.
Infine la crisi mai affrontata ha inciso sulla salute tant'è che ben il 6,5% della popolazione ha rinunciato a visite specialistiche (era il 4% nel 2008).

Numeri che fanno rabbrividire  per la consistenza attuale e per le prospettive future che vede l'Italia sempre meno dotata per costruire la ripresa; troppo debole per salire sui pochi treni che potrebbero passare.

Nessun vantaggio infatti i nostri governi, da Monti a Gentiloni passando per Letta (Nipote) e Renzi, sono riusciti a sfruttare. Il crollo del costo energetico (Petrolio greggio da 140 a 40 $ / barile) e il QE (Quantitative Easing), lo strumento non convenzionale di politica monetaria fortemente voluto da Draghi, l'Italia non è riuscita a sfruttarli come leve di sviluppo alla pari degli altri paesi partner dell'UE.
E ben presto questi vantaggi, determinati da fattori esclusivamente congiunturali, verranno meno e allora toccheremo definitivamente il fondo e non saremo più in grado di riemergere.

Con questa classe politica, in perenne campagna elettorale, non andremo da nessuna parte!

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Alla luce dei bassi tassi di interesse, come bisogna utilizzare questo strumento finanziario?

Quarto appuntamento con Giacomo Saver, direttore e fondatore di "Segretibancari.com". Il tema di oggi è stuzzicante. Titoli di stato: si o no? Ecco l'analisi completa dell'esperto che ogni due settimana spiega una sfaccettatura diversa di un mondo, quello finanziario, che tanto incuriosisce. A questo link l'ultimo articolo.

20 maggio 2017

Un tempo erano i favoriti dagli italiani che per decenni hanno investito i propri risparmi in questi strumenti. Oggi investire in titoli di stato non conviene più per colpa dei rischi impliciti che molti BTP hanno e per i bassi rendimenti offerti. Gli unici vantaggi che i bond governativi ancora offrono restano due: l'esenzione dalle imposte di successione e la tassazione agevolata al 12,50% invece del 26%.

Un esame dei rendimenti - Per ottenere un rendimento netto di poco superiore al 3% è necessario investire in titoli con durata molto lunga: nel BTP 2041 o addirittura nel BTP 2067, correndo però rischi elevati causati dalla eccessiva durata dello strumento finanziario. Chi compra dei bond, siano essi societari o titoli di stato, è per lo più indifferente alle oscillazioni che il prezzo degli stessi può subire durante la vita del titolo, perché pensa "lascio scadere il titolo ed ottengo il suo valore nominale". Ciò è indubbiamente vero ma poiché credo che pochi investitori conserveranno un BTP con scadenza ventiquadrennale o, ancor peggio, cinquantennale, comprendere cosa potrebbe accadere al nostro investimento in caso di rialzo dei tassi diventa cruciale ai fini della scelta.

I rischi dei titoli di stato - Mettiamo da parte ogni ipotesi di insolvenza del Governo, così come il tanto paventato taglio del valore patrimoniale dei titoli in circolazione (haircut) e concentriamoci unicamente sul rischio connesso con le oscillazioni di prezzo che i suddetti titoli potranno subire durante la loro vita.

E' noto in finanza che le oscillazioni che le quotazioni di un titolo a reddito fisso può subire dipendono dalla durata residua del bond stesso. In altri termini, una variazione dei tassi di un punto percentuale avrà impatti completamente diversi su BTP con durata residua limitata piuttosto che su titoli con vita lunga.

L'effetto che una variazione dei tassi ha sulle quotazioni è per lo più di segno opposto alla stessa:

  • una riduzione dei tassi fa crescere le quotazioni dei bond
  • un aumento dei tassi fa diminuire le quotazioni dei bond

Poiché ci troviamo in una situazione di tassi di interesse ai minimi storici, è difficile immaginare che ci siano ulteriori spazi di guadagno per i BTP.

A fronte di un guadagno netto del 3% circa, il ribasso cui potremmo andare incontro in caso di rialzo dei tassi potrà arrivare tranquillamente al 30%. Tutti temono, giustamente, il mercato azionario a causa delle sue ampie fluttuazioni, ma il rendimento che un investimento in azioni può offrire, tenuto conto dei rischio, è decisamente vantaggioso rispetto all'acquisto di BTP a lunga durata. Se investire in BTP non conviene, almeno per i titoli con scadenze lunghe, che dire di quelle corte?

I vantaggi dell'investimento in titoli di stato

Investire in titoli di stato conviene ancora solo se ti trovi in queste tre situazioni:

  • ti affidi ad un consulente finanziario che amministra il tuo portafoglio. In questo caso l'inserimento di BTP ha senso perché a seconda delle correlazioni tra i vari "pezzi" che compongono il portafoglio, essi potrebbero addirittura ottimizzare il rapporto rendimento/rischio
  • se vuoi fare una donazione ed evitare, in modo assolutamente legale, di pagare le imposte di successione
  • se hai diverse centinaia di migliaia di euro sul conto e vuoi evitare il rischio del bail in.

Analizziamo questi due ultimi casi, senza dubbio i più interessanti.

Poiché in entrambi i casi il "movente" che spinge l'investitore a comprare bond governativi non è il rendimento, ma l'elusione delle imposte nel primo caso e la protezione nel secondo, investire in titoli di stato conviene perché ci permette di raggiungere i nostri obiettivi.

In entrambi i casi potremo concentrarci su durate brevi, che sono sì quelle meno redditizie, ma anche quelle meno rischiose. Investendo in titoli di stato toglieremo la liquidità dal conto corrente, trasformandola in titoli in deposito presso il dossier che, in quanto strumenti finanziari e non crediti, non sono soggetti al bail in.

Al di fuori da queste ipotesi oggi farei attenzione ad investire in titoli di stato.

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Editoriale: La punta dell'iceberg - Tornano a salire i derivati: latte spot e burro. - Cereali e dintorni. Consumi ancora tiepidi. - "Custodire le acque, coltivare il futuro": incontro a Gualtieri il 15 Maggio - "Combi mais 4.0", la punta di diamante del "Mais in Italy" - La parmigiana Patty Nevi si piazza al terzo posto assoluto alla prima gara del campionato italiano OCR -

SOMMARIO Anno 16 - n° 19 14 maggio 2017

1.1 editoriale
La punta dell'iceberg
2.1 lattiero caseario Tornano a salire i derivati: latte spot e burro.
3.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Consumi ancora tiepidi.
4.1 bonifica "Custodire le acque, coltivare il futuro": incontro a Gualtieri il 15 Maggio
4.2 cereali USDA Cereali e dintorni. Aggiornamento dati USDA.
5.1 Mais in Italy "Combi mais 4.0", la punta di diamante del "Mais in Italy"
6.1 FARM RUN La parmigiana Patty Nevi si piazza al terzo posto assoluto alla prima gara del campionato italiano OCR
7.1 Frutta italiana Macfrut, Ismea: cresce il valore dell'ortofrutta italiana
8.1 promozioni "vino" e partners
9.1 promozioni "birra" e partners

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 20170514-COP

 

Domenica, 14 Maggio 2017 12:10

La punta dell’iceberg

Dal Pouff di Poggiolini, il Re Mida della sanità come era descritto dalle cronache del 1993, al "Boss" del dolore. In un quarto di secolo cosa è cambiato? Nulla, nemmeno la retorica etica, sempre uguale a sé stessa.

di Lamberto Colla

Parma 14 maggio 2017

E' molto facile schiacciare il pulsante dell'etica per avere il consenso plebiscitario.
Come disapprovare l'indignazione collettiva sulle parole intercettate dalla polizia giudiziaria: "Se muoiono 100 persone con questo filtro non va in galera nessuno".

La notizia ridonda sfrenata su tutte le testate giornalistiche e il mostro è servito e condannato. Un coro che canta bene sin da poche ore dopo l'arresto.

Come se le centinaia di pagine raccolte e redatte dagli inquirenti fossero già state ben lette e analizzate dai giornalisti, ancor prima che la difesa ne potesse prendere coscientemente visione.

E' lo stesso avvocato del dottor Guido Fanelli che, intervistato telefonicamente dalla conduttrice di un noto programma della mattina, conferma di non essere in grado di dare risposte, sia per la discrezione dovuta alle indagini in corso, sia per non avere ancora preso visione di tutte le carte.

Ma la condanna verso la "Fanelli Family" è già stata emessa.
Evviva lo Stato garantista!

Ma dietro, sotto, a fianco e sopra di Fanelli chi operava con e per lui?

Possibile che sia l'unico beneficiario di questa impresa criminale?

Sarebbe opportuno che i vari editorialisti e giornalisti d'inchiesta iniziassero a rovistare nelle macerie e a portare alla luce anche tutti coloro che hanno goduto e continuano a godere del sistema corruttivo, nuovo e vecchio.
Nulla infatti sembra essere cambiato dall'epoca di tangentopoli quando venne arrestato, il 20 settembre 1993 a Losanna, Duilio Poggiolini, l'ex direttore generale del servizio farmaceutico nazionale del Ministero della Sanità. Un tesoretto di 26 milioni di euro quello che fu sequestrato all'ex dirigente pubblico e che la dice lunga sul tasso di speculazione che si era incancrenito e ancora non disinnescato nel sistema sanitario.

Anche all'epoca, Poggiolini, la moglie e l'ex Ministro De Lorenzo, erano la punta dell'iceberg.

Un quarto di secolo è trascorso e la parte sommersa è ancora tale, a quanto pare.

Il pesce puzza sempre dalla testa!

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Non si riesce a vedere la luce in fondo al tunnel. Da un lato le promesse del governo circa interventi e manovre che rilanceranno il lavoro, occupazione e imprese, dall'altro l'Istat che sforna numeri sempre più preoccupanti.

di Lamberto Colla Parma 7 maggio 2017
Per l'Alitalia 600 milioni sono stati trovati immediatamente. Un prestito ponte, come è stato definito, che di fatto entrerà nel buco nero che ha già fagocitato 7,5 miliardi di euro, senza nulla risolvere perché chi deciderà di accaparrarsi la compagnia di bandiera lo farà aggiudicandosela dal fallimento.

L'Alitalia rappresenta la metafora italiana nell'ultimo decennio. Tirare la cinghia senza nulla risolvere, restano invece inebetiti a osservare l' aumento progressivo della disoccupazione e riduzione del potere d'acquisto delle famiglie. Nel frattempo, i migliori marchi industriali o espatriano o vengono acquisiti dalle imprese estere che, tempo pochi anni, trasferiranno la produzione fuori dal nostro Paese.
E così siamo agli ultimi posti in termini di crescita (1% o poco meno) con un tasso di invecchiamento preoccupante e con la prospettiva che presto l'ammortizzatore determinato dalle pensioni dei nonni a favore della sottoccupazione o disoccupazione dei figli presto si estinguerà.

Infatti, secondo le ultime statistiche Istat, la disoccupazione senile (over 50) ha superato quella giovanile in forza di un incremento di 103.000 unità nel corso dello scorso anno.
E per tutta risposta, la mini-manovra correttiva in discussione in questi giorni, annunciata senza incremento delle tasse, di fatto nasconde, poi neanche tanto velatamente, elementi che andranno sottrarre liquidità alle imprese per generare liquidità corrente allo Stato sciupone.

Una operazione che porterà fuori dal mercato altre imprese, soprattutto quelle che in sofferenza da rapporti lavorativi privilegiati con le amministrazioni pubbliche, che tra pagamenti ritardati e ora anticipazioni fiscali (Split payment, ovvero l'obbligo di versare l'Iva direttamente all'erario e non al fornitore), perderanno ancor più terreno in termini di competitività. A questo occorre aggiungere la difficoltà e onerosità dell'accesso al credito costringendo così le imprese ai margini del mercato a alzare bandiera bianca e a lasciare a terra la truppa.

Lo Stato sta raschiando il barile, ma purtroppo al peggio non v'é mai fine.

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Terzo appuntamento con Giacomo Saver, direttore e fondatore di "Segretibancari.com". L'argomento di oggi è clamorosamente attuale. Parleremo di investimenti PIR (piani individuali di risparmio): ecco le tre cose da sapere prima di correre a sottoscriverli.

LIMITI - Gli investimenti PIR sembrano redditizi, grazie all'esenzione fiscale, ma presentano tre grossi limiti: vincolano i tuoi soldi per cinque anni, sono costosi e non ti permettono di beneficiare della diversificazione geografica.

CARATTERIZZAZIONE - Cosa sono gli investimenti in PIR, i Piani Individuali di Risparmio? I PIR nascono con un obiettivo preciso: convogliare l'enorme flusso di risparmio di cui gli italiani dispongono verso il mondo delle piccole e medie imprese, al fine di permettere a queste ultime l'accesso a capitali non bancari in grado di favorirne la crescita.
Per invogliare gli investitori a sottoscriverli, i PIR presentano l'indubbio vantaggio dell'esenzione fiscale, ma a fronte di ciò comportano dei limiti che occorre tenere sempre presente:

  • almeno il 70% dell'importo del piano dovrà essere investito in Italia
  • il 30% di quel 70 dovrà essere investito in strumenti finanziari di società a piccola capitalizzazione, che sono solitamente più rischiose di quelle ben patrimonializzate, perché le loro quotazioni borsistiche fluttuano parecchio
  • l'investimento dovrà essere mantenuto per cinque anni, altrimenti i benefici fiscali andranno perduti.

Di fronte a queste limitazioni è naturale chiedersi se i PIR convengono davvero...

COSTI - I Pir sono degli investimenti costosi, perché chi li propone lo fa avvalendosi dello strumento "fondo comune" che, come è noto, presenta costi notevoli. Ipotizziamo che il rendimento medio annuo delle azioni italiane sia del 5%. Il risparmio fiscale, pari al 26% del 5%, ossia l'1,30%, corrisponde all'incirca al costo di gestione annuo del prodotto.
Ne segue che solo se gli investimenti PIR renderanno almeno il 5% l'anno potranno ripagarti dei costi di gestione degli stessi, senza tenere conto degli eventuali oneri di ingresso.
Questi costi potranno essere ridotti usando, ad esempio, un fondo indice (ETF) avente le caratteristiche del PIR ma lo stesso deve essere mantenuto in portafoglio per almeno 5 anni.

INVESTIRE IN ITALIA OGGI - Prima di decidere se fare o meno degli investimenti PIR è opportuno porsi una domanda: ha senso per me, risparmiatore, investire in Italia?
Molte volte la risposta a questa domanda è un secco no. Il mercato azionario italiano rappresenta solo lo 0,50% della capitalizzazione mondiale. Se escludiamo le grandi aziende che tutti conosciamo per considerare solo le piccole realtà che potranno fare parte dei tuoi investimenti PIR il dato scende vertiginosamente.
Se il tuo capitale non è particolarmente elevato, diciamo inferiore ai 100.000 euro, puoi tranquillamente evitare di investire nei Piani Individuali di Risparmio. Otterrai un portafoglio ben equilibrato e diversificato investendo in ampie aree geografiche invece di concentrare i tuoi investimenti sul solo mercato italiano.

QUANDO INVESTIRE IN PIR - Prima di decidere se usare un certo strumento finanziario è sempre bene avere chiara la strategia che vogliamo adottare e seguire nel tempo. Se il totale complessivo degli investimenti e della liquidità disponibile supera i 100.000 euro, potrebbe aver senso – in base agli obiettivi di investimento ed alla tolleranza individuale al rischio – dedicare una parte compresa tra il 5% ed il 10% del totale in un PIR.
In questo caso, però, sarà bene tenersi alla larga dai fondi di investimento ed usare, invece, appositi ETF come ad esempio quello offerto da Lyxor: Lyxor Ftse Ital Mid Cap Pir Dr Ucits Etf (ISIN FR0011758085).
In questo modo ridurremmo drasticamente i costi aumentando al tempo stesso i rendimenti.

Segui ogni due sabati la rubrica di Giacomo Saver per entrare con maggiore semplicità all'interno del mondo finanziario. 

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Occupazione in crescita e nuovi progetti di green-economy: se ne è parlato agli Stati generali ieri a Bologna. Ecco alcuni dati significativi che riguardano l'Emilia-Romagna.

Bologna, 3 maggio 2017

Sono oltre 33mila le imprese dell'Emilia-Romagna che hanno investito, fra il 2010 e il 2015, nella green economy.
In percentuale, si tratta di un 27,7% che sarà ulteriormente implementato nei prossimi mesi. Perché sono sempre di più le aziende che progettano di puntare a al settore del 'verde'.

Il vantaggio di queste scelte riguarda prima di tutto l'occupazione.
Significativamente, sul totale dello scorso anno, le assunzioni nel comparto sono state l'11,3%.
Sono questi alcuni fra i dati incoraggianti che si riferiscono alle politiche "verdi" in Emilia-Romagna emersi durante gli Stati generali della green economy che si sono svolti ieri all'Opificio Golinelli a Bologna.

Il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e gli assessori Palma Costi (Attività produttive, piano energetico, economia verde), Paola Gazzolo (Ambiente), Simona Caselli (Agricoltura) e Raffaele Donini (Trasporti, reti, infrastrutture) hanno illustrato le azioni per un modello di crescita sostenibile. Le stesse che costituiscono la spina dorsale del programma di governo della Giunta. Un programma che punta a un nuovo sistema produttivo in cui la sostenibilità ambientale è connaturata alla sostenibilità sociale (con al centro il Patto per il Lavoro), all'attrattività degli insediamenti produttivi per una sempre maggiore competitività delle aziende, senza tralasciare la messa in sicurezza del territorio e la valorizzazione delle risorse naturali. Ricerca, innovazione ed efficienza energetica, economia circolare e qualificazione ambientale, eco-innovazione in agricoltura e produzioni bio; mobilità sostenibile, sono i pilastri dell'azione regionale a sostegno della green economy.

La crescita in regione è testimoniata da alcuni dati. Ad esempio, con il 10,79% l'Emilia-Romagna ha un percentuale maggiore di brevetti verdi rispetto all'Italia (6,01%). Un forte impulso arriverà dall'approvazione del Piano energetico regionale (Per) che ha l'obiettivo della riduzione delle emissioni del 20% al 2020 e del 40% al 2030 rispetto ai livelli del 1990; l'incremento al 20% nel 2020 e al 27% nel 2030 della quota di copertura dei consumi attraverso l'impiego delle fonti rinnovabili; l'aumento dell'efficienza energetica al 20% nel 2020 e al 27% nel 2030.

Su questo punto, le parti sociali intervenute (Confindustria Emilia-Romagna, Tavolo permanente per l'economa, Cnr Bologna e organizzazioni sindacali) hanno sottolineato in modo unanime l'importanza del percorso partecipativo che la Regione ha messo in atto sul Per come modello di confronto sulla green economy. 

A.K.

Pubblicato in Ambiente Emilia

Editoriale: Alitalia, tra referendum e premi per le perdite. -Ismea, le dinamiche del settore lattiero caseario. - Birra - La versione di Romeo. - Cereali e dintorni. Dall'USDA segnali positivi per l'export. - CRPA: I vantaggi dell'aeoroessiccazione dei foraggi. - La fibra NDF indigerita (UNDF) nel fieno di erba medica: effetti sulle vacche - Agonismo e divertimento alla Farm Run 2017.- Allarme rosso per il gelo. Agrinsieme chiede stato di calamità.

SOMMARIO Anno 16 - n° 17 30 aprile 2017
1.1 editoriale Alitalia, tra referendum e premi per le perdite
2.1 lattiero caseario Ismea, le dinamiche del settore lattiero caseario.
3.1 birra Birra - La versione di Romeo.
4.1 cereali e dintorni Cereali e dintorni. Dall'USDA segnali positivi per l'export.
5.1 tecniche alimentazione CRPA: I vantaggi dell'aeoroessiccazione dei foraggi.
5.2 Vacche alimentazione La fibra NDF indigerita (UNDF) nel fieno di erba medica: effetti sulle vacche
6.1 Farm Run - eventi all'aria aperta Agonismo e divertimento alla Farm Run 2017.
7.1 maltempo gelo Allarme rosso per il gelo. Agrinsieme chiede stato di calamità.
8.1 promozioni "vino" e partners
9.1 promozioni "birra" e partners

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 Cibus-17-2017-COP

 

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