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Mercoledì, 24 Dicembre 2014 14:59

Buone Feste da Italian Tourism Expo. Video-messaggio

Buone Feste dallo staff di Italian Tourism Expo!

ITE buone feste

Il Videomessaggio di Buone Feste dallo staff di Italian Tourism Expo -

Guarda video in fondo pagina


Il web è diventato lo strumento principale a cui si affidano gli italiani per viaggiare. Nasce Italian Tourism Expo...

di LGC - Parma, 7 dicembre 2014 –

Italiani tutti connessi nonostante l'Italia non sia ancora all'avanguardia europea per infrastrutture digitali e diffusione nell'utilizzo dello shopping on line. La crescente familiarità con i servizi online, l'aumento di banda, la diffusione dei device mobili connessi, l'ampiezza d'offerta e la qualità logistica lasciano prevedere i 200 milioni di acquisti in Rete entro fine anno. Almeno è quanto rilevato da Netcomm che stima un futuro molto promettente e in costante crescita. Un percorso di crescita, quello degli acquisti on line, che gli osservatori internazionali giudicano molto positivamente alla luce dei risultati pubblicati in "Net Retail – Il ruolo del digitale negli acquisti degli italiani".

Sorprende ancor più l'attitudine al web se l'oggetto del desiderio è quello turistico.
Secondo uno studio dell'Osservatorio Digitale del Turismo del Politecnico di Milano, i turisti italiani tramite il digitale spendono circa 7 miliardi di euro e il mobile commerce vale circa 340 milioni (+40% rispetto ad un anno fa). La crescita degli acquisti legati al turismo, sia in Italia sia all'estero, ma anche di stranieri che viaggiano nel nostro Paese dipende dal digitale e vale circa 9 miliardi di euro, con un aumento del 10% rispetto al 2013.
Il web è diventato lo strumento numero uno a cui affidarsi per viaggiare.

Sembra proprio che gli italiani non possano più fare a meno di utilizzare i social media per la scelta, l'organizzazione e l'acquisto di un viaggio.
Una conferma che proviene anche dallo studio realizzato da Allianz Global Assistance dove addirittura il 59% dei turisti italiani cerca informazioni relative ai viaggi sui siti delle compagnie assicurative, il 30% su forum o blog online e il 20% attraverso siti di comparazione prezzi.
In forza di questo crescente interesse da parte dell'italiano, sempre più web oriented, anche in ragione della semplicità di connessione che gli analisti di mercato consigliano di considerare l'ecommerce non solo come canale di vendita di beni e servizi, ma anche come strumento di comunicazione e di customer engagement, visto che il 60% degli italiani si informa online prima di effettuare in un modo o in un altro i propri acquisti.

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In questo contesto, dinamico e tecnologicamente avanzato, si inserisce il nuovo e innovativo portale multidimensionale "Italian Tourism Expo", una vera e propria fiera del turismo digital.

Più di 100.000 punti di interesse geolocalizzati, tra i quali spiagge, Parchi Nazionali e Regionali, chiese, siti UNESCO, castelli, borghi, musei e stazioni termali, ma anche cantine, aziende agrituristiche, locali storici, rifugi, eventi e sagre.
www.italiantourismexpo.com è il primo portale digitale dedicato al turismo italiano che si propone come una vera e propria fiera online permanente con un sistema di comunicazione integrato multidimensionale in grado di fare incontrare la domanda e l'offerta che arrivano dal settore turistico italiano.

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Gli operatori turistici, agenzie di viaggi, strutture ricettive, ristoranti, agriturismi, ma anche APT territoriali, Comuni, IAT e Unioni di Prodotto, Associazioni di prodotto e servizi (ad esempio Strade dei Sapori o Via Francigena) potranno trovare una vetrina dove promuovere le loro attività e le loro offerte, inoltre potranno anche aggiornare automaticamente il loro stand virtuale e il loro sito internet grazie a un potente ed unicogeneratore di contenuti originali
Il visitatore e il turista, invece, potranno contare su un'informazione completa e dettagliata su tutto quello che è possibile visitare nella zona di interesse o nei pressi della struttura ricettiva dove si tra trascorrendo la propria sosta.
Attraverso il sito, è poi possibile costruire e salvare i propri itinerari svolti a piedi o in bicicletta ed essere costantemente mantenuti aggiornati sulle novità di Italian Tourism Expo iscrivendosi gratuitamente alla newsletter.

Per maggiori informazioni: Italian Tourism Expo

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Pubblicato in Nuove Tecnologie Emilia

Cibus Agenzia Stampa Agroalimentare: SOMMARIO Anno 13 - n° 46 17 novembre 14

SOMMARIO Anno 13 - n° 46 17 Novembre 2014

SOMMARIO (scaricabile in pdf)

1.1 editoriale "Parma cotta" e "Italia bollita"
3.1 cereali Grano duro, balzo dei prezzi a ottobre
4.1 Lattiero caseario Crescita del Latte Spot e nuovo calo del Parmigiano Reggiano.
5.1 imprese Modena, caseificio Roncoscaglia. Nuovo punto vendita e museo (con video)
5.2 fitosanitari Fitosanitari, nuove disposizioni per il rilascio e rinnovo del "patentino"
5.3 prosciutto Turismo rurale. Da Helsinky alla "Strada del Prosciutto" per un focus d'approfondimento.
6.1 latte norme Parmigiano, istituito il registro delle quote latte.
6.2 turismo e tradizioni November food tour: Parmigiano e Culatello di Zibello DOP
7.1 turismo e tradizioni I Luoghi del "Culatello di Zibello DOP". Seconda parte


Prosegue il viaggio nella storia, tra le rocche e i castelli della Bassa parmense, dei luoghi che sono stati la culla del "Culatello di Zibello".

di Sara Bondani - Parma 14 novembre 2014 --

Attraverso la Strada del Culatello si può percorrere lungo il Po un viaggio nel gusto e nella cultura dei Comuni della Bassa. Visitati i paesi che ospitano il circuito del "November Porc" non si può non passare per Fontanellato, dove la maestosa mole della Rocca, eretta nel '400 esige una visita.
Sottoposta a numerosi restauri, nel corso dei secoli è stata trasformata da fortezza difensiva a residenza dei nobili Conti Sanvitale che l'hanno poi abitata per circa sei secoli. Nel 1948 l'ultimo Conte cedette la Rocca con i suoi arredi al Comune, che la adibì a museo.

La maestosa Rocca di Fontanellato
Proseguendo per Soragna meritano una visita la superba Rocca Meli Lupi, la Sinagoga e il Museo del Parmigiano-Reggiano. Per proseguire poi a Busseto, patria di Giuseppe Verdi, in realtà nato nella vicina Roncole, dove si trova la Casa Natale. Qui si possono visitare il Teatro e la Villa Pallavicino.

Soragna - E' con l'arrivo dei Longobardi che nel 712 d.C. il nome "Soragna" comparve per la prima volta in un documento ufficiale. Sul finire dell'XI sec. due famiglie si stabilirono a Soragna: i Pallavicino ed i Lupi, questi ultimi di origine cremonese. Il territorio venne diviso in due: ai Pallavicino restò l'odierna Castellina, ai marchesi Lupi l'attuale Soragna. Una convivenza tutt'altro che pacifica, tanto che già nel 1200 i Lupi fortificarono il proprio castello per difendersi dai potenti vicini. Dopo alterne vicende che portarono i Lupi a perdere più volte il possesso delle proprie terre, passarono parecchi anni prima che potessero entrare a Soragna.
Il marchese Giampaolo Meli ottenne nel 1530 dall'Imperatore Carlo V il diritto di aggiungere al proprio cognome quello dell'estinto casato dei Lupi.
Di particolare importanza per la storia del paese è la nomina di Giampaolo Meli a principe del Sacro Romano Impero, nel 1709 da parte dell'imperatore Giuseppe I. Soragna divenne così uno stato autonomo, con diritto di battere moneta in qualsiasi metallo.

Rocca di Soragna - Dimora del Principe Diofebo Meli Lupi

Anche oggi la Rocca è abitata da un Meli Lupi, il principe Diofebo VI, che apre le magnifiche sale del castello a visitatori, convegni ed importanti avvenimento culturali.
La Rocca è uno straordinario esempio di fortezza medievale trasformata in sontuosa residenza nel corso dei secoli, con sale riccamente affrescate e decorate a stucco, con uno splendido insieme di arredi, dipinti e suppellettili. Teatro di un crudele delitto, la Rocca è legata alla leggenda di Donna Cenerina, la sfortunata dama vissuta nel XVI secolo, vittima innocente di un complotto ordito per motivi economici. La leggenda narra che il fantasma della dama vaghi senza pace nelle Sale della Rocca. (potresti fare il link se vuoi all'articolo che mi hai mandato)

Roncole Verdi - Casa natale del maestro Giuseppe Verdi

Busseto - Legata in maniera indissolubile al grande Maestro Giuseppe Verdi, il cui bronzo svetta nella piazza principale, Busseto ha un nome di origine antichissima, "Buxetum" da "buxus" e quindi bosco dei bossi. Verso la metà del sec. XIII, con il marchese Uberto il Grande, Busseto entra nei domini dei Pallavicino per rimanervi ininterrottamente fino al 1587, quando il marchesato diventa territorio Farnesiano. Seguì quindi le sorti del Ducato di Parma e Piacenza fino al 1859 e alla proclamazione del Regno d'Italia. Nella seconda metà del XIX secolo Busseto fu impegnata in opere edilizie e urbanistiche che determinarono il volto attuale del suo centro storico.
Terra natale di numerosi nomi distinti nelle lettere, nelle scienze, nel diritto e nell'arte tra cui lo storico Ireneo Affò, il medico Buonafede Vitali, il compositore Tarquinio Merula, i pittori Pietro Balestra, Alberto Pasini e Gioacchino Levi, per arrivare alle grandi figure di Giuseppe Verdi e del nostro contemporaneo Giovannino Guareschi.
In questa zona, non poteva mancare un interessante itinerario verdiano che, partendo dalla casa natale del Maestro, a Roncole, giunge poi fino alla villa di Sant'Agata di Villanova sull'Arda. In piazza Verdi, oltre al bronzo del Maestro, si trova la Rocca duecentesca un tempo dimora dei Pallavicino e ora sede del municipio, il Teatro Verdi, datato tra il 1856 e il 1868 e Casa Barezzi, dove il compositore visse con la moglie Margherita Barezzi. La casa racchiude al suo interno numerosi cimeli - testimonianze della formazione e della futura carriera di Verdi - lettere autografe, documenti iconografici, ritratti originari del Maestro e dei suoi esecutori durante il secolo scorso.

Subito fuori dalle antiche mura della città, un'altra significativa tappa culturale è rappresentata da Villa Pallavicino. La bella costruzione rinascimentale oggi ospita il Museo Nazionale Giuseppe Verdi e ne celebra il genio. I suoi ampi saloni ripropongono ventisette opere con la riproduzione delle scenografie originali di Casa Ricordi e dei quadri dell'epoca, i tessuti pregiati dell'800, le musiche immortali, in un allestimento di luci teatrali che accompagnano il visitatore in un percorso dalle intense atmosfere romantiche.

La Rocca di San Secondo

San Secondo - La storia di San Secondo è legato in maniera indissolubile al nome di un grandissimo Casato - quello dei Rossi - che nel corso del Medioevo e del Rinascimento ha saputo esprimersi ai massimi vertici politici e militari. Nella prima metà del XV secolo, Pier Maria II detto il Magnifico, getta le basi di quello che avrebbe dovuto essere un moderno Stato rinascimentale, avendo disseminato di castelli e roccheforti le vallate dei fiumi Taro e Parma, dagli Appennini sino al Po, con le fortezze ancora oggi esistenti – da Torrechiara a Corniglio, da San Secondo a Roccabianca. ( Fonte - http://www.paliodellecontrade.com/storia.html)

Curiosità - San Secondo.
La storia del fantasma di San Secondo http://www.luoghimisteriosi.it/emilia_secondo.html

Colorno - Reggia Ducale. Una passeggiata in giardino

Colorno - Il nome di Colorno deriva dalla posizione originaria del paese alla confluenza del Lorno nel torrente Parma: "Caput Lurni", a capo del Lorno.
Dal 1303 al 1612 Colorno fu feudo dei Correggio, dei Terzi e dei Sanseverino. Poi Colorno passò ai Farnese, duchi di Parma, che verso la fine del '600 vi posero la loro residenza estiva e apportarono radicali trasformazioni al Palazzo Ducale ed al Giardino costruendo importanti edifici, tra cui l'Aranciaia - ricovero invernale degli alberi di aranci e limoni che durante l'estate ornavano lo splendido giardino della Reggia e che non avrebbero potuto sopportare i rigidi freddi - oggi sede del Museo dei paesaggi di terra e di fiume.
Nel 1748 il Ducato di Parma passò ai Borbone, iniziando così un nuovo periodo felice per Colorno, sia dal punto di vista urbanistico, che artistico e culturale, tanto da meritare il titolo di "Versailles dei Duchi di Parma".
Nel 1802, con l'annessione alla Francia, Parma divenne un dipartimento dell'Impero napoleonico. Con Maria Luigia d'Austria, già moglie di Napoleone, nel 1816 Parma ridivenne capitale del Ducato e Colorno residenza estiva ducale.
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Per maggiori informazioni sulla manifestazione "November Porc".

Per scoprire altri luoghi della nostra meravigliosa Italia: Italian Tourism Expo

Un suggestivo viaggio nella storia, quello fra le rocche e i castelli della Bassa parmense.

di Sara Bondani - Parma 05 novembre 2014 --

Iniziamo dai luoghi del "Culatello di Zibello DOP" e, come prima puntata, i paesi che ospitano il circuito del "November Porc". Non si può comunque, non partire con un cenno sulla seconda, per importanza dopo il palazzo Ducale di Parma e prima del Casino dei Boschi di Sala Baganza, residenza ducale, la Reggia di Colorno.

Sontuosa e monumentale residenza dei Farnese, dei Borbone e di Maria Luigia d'Austria, fonde la bellezza dei cortili interni con la ricchezza delle sale affrescate e stupisce il visitatore con i giochi d'acqua dello splendido giardino alla francese; il Castello di Roccabianca, fatto edificare a metà del XV secolo da Pier Maria Rossi per l'amata Bianca Pellegrini - da cui trae il nome - imponente e al tempo stesso elegante, custodisce al suo interno numerosi dipinti di pregio; la Rocca dei Rossi di San Secondo, fatta erigere da Pier Maria Rossi nel 1450-1460 con la struttura del fortilizio, è in pratica il punto d'incontro di tutte le strade di accesso al paese. Accresciuta e restaurata nel corso del Cinquecento, la massiccia residenza nobiliare celebra nei grandiosi affreschi dell'interno le gesta e la potenza del casato dei Rossi; la Rocca di Sissa, imponente rocca difensiva fu fatta erigere dalla potente famiglia Terzi, che un tempo dominava sul piccolo paese, sul luogo di una preesistente torre quadrangolare, eretta ai tempi del Capitolo. La Rocca conobbe un periodo di grande potenza sotto il dominio di Ottobono Terzi, gran capitano di Gian Galeazzo Visconti che comportò innumerevoli e sanguinosi attacchi specialmente da parte dei Rossi di San Secondo.

Zibello porticato rid cibus

Zibello - La vera e propria storia ha inizio nel Medioevo, per tutta la durata del quale esso rimase legato a Cremona. Nel 1249 Zibello passò, insieme ad altre terre e castelli, tra i quali anche Busseto e Polesine, al marchese Uberto Pallavicino il Grande che ne fu investito da Federico II Imperatore. Da allora, salvo alcuni periodi, i marchesi Pallavicino vi dominarono incontrastati.
Sulla sponda destra del Grande Fiume, fra le città di Parma, Piacenza e Cremona, è famoso per essere la patria, del re dei salumi: il Culatello.
Però pochi sanno che questa è l'unica zona al mondo dove, dal maiale, viene tratta la maggior varietà di salumi, le cosiddette "immagliature" prima di macinare la carne residua e le rifilature per ottenere, il salame. Una fama che deve la sua fortuna ai freddi inverni umidi e nebbiosi e alle estati assolate ed afose.

Sissa - La Rocca -

Sissa - Lungo un millenario tracciato storico il territorio ha conosciuto momenti di fama, di distruzione, di abbandono e di intensa vita civile, politica e culturale. I Terzi, i Simonetta, i Rangoni, famiglie dominanti in un lungo arco di tempo, si sono avvicendati nel possesso di un feudo non secondario nel quadro generale delle dispute militari e legali che hanno caratterizzato le lotte di predominio nel parmense dal Quattrocento all'Ottocento.
Tanto c'è da vedere nel territorio del Comune di Sissa: dalla Rocca dei Terzi a Corte Sala, dalla Villa Simonetta nella frazione di Torricella all'importante area rivierasca detta "Boschi di Maria Luigia" che sorge poco distante dal centro abitato di Coltaro, al mitico "ponte del diavolo" di Gramignazzo che nemmeno un bombardamento alleato durante il secondo conflitto mondiale è riuscito ad abbattere. Nella frazione di Torricella si può trovare forse il più importante porto nautico della Provincia di Parma.

Antica Corte Pallavicina - Polesine Parmense
Polesine Parmense - Il Paese della Bassa che più lega le origini a quelle del fiume Po, è l'unico infatti, il cui nome deriva proprio da quello del Grande Fiume.Il nome deriva dal fatto che il borgo anticamente sorgeva su un polesine, vale a dire una piccola isola del Po che, trascinata dalla corrente, arrivò ad espandersi e a congiungersi poi con la riva. A testimonianza della storia il ritrovamento, di reperti all'interno del Po di questo centro sommerso e ormai completamente corroso dalle acque.

Precise documentazioni storiche affermano, in particolare, che due chiese in secoli diversi, furono corrose e demolite dal Po; nel fiume è finito pure l'antico castello di cui alcuni resti di un merlo sono oggi esposti nei pressi della sede municipale.
Soggetto al potere temporale del Vescovo di Cremona, attorno alla metà dell'anno mille, divenne feudo dei Pallavicino sino al 1731, dei quali rimane la residenza,Il Palazzo delle Due Torri, monumento più importante del paese. Passò poi sotto il ducato dei Farnese, mantenendo a lungo una notevole importanza come porto commerciale fluviale e centro agricolo.
Il porticciolo di Polesine è un comodo approdo per i turisti che navigando sul Po e possono visitare le "Terre Verdiane" gustando i sapori tipici della zona.
Per un turismo slow e sostenibile si può inoltre utilizzare la pista ciclabile, di oltre 50 chilometri, che unisce Mezzani a Polesine Parmense, passando per Zibello, Roccabianca, Sissa, Colorno o l' area verde adiacente al fiume Po, opportunamente recintata e organizzata con percorso.
Curiosità - Nella parte superiore dello stemma comunale è rappresentato il Po nelle vesti di un vecchio Re che versa la sua brocca dalla quale sgorga l'acqua che dà origine al fiume.
Polesine è sempre stata una delle mete preferite di Giovannino Guareschi, il grande scrittore che di fronte alla grandiosa varietà di paesaggi e di sfumature create dall'ambiente fluviale era solito dire: "si sta meglio qui, su questa riva". Ed è sempre a Polesine che Guareschi, di fronte alle memorabili battaglie tra il parroco don Davighi e il Sindaco Carini, trovò l'ispirazione per dar vita ai celebri personaggi di Peppone e Don Camillo.

Castello di Roccabianca

Roccabianca - Non è da sempre che Roccabianca porta questo nome.
Pare che il primo nucleo abitativo del centro sia da rintracciare nel vicino villaggio di Rezinoldo o Arzenoldo, e che troviamo nominato per la prima volta in un diploma di Federico Barbarossa, come facente parte del feudo di Oberto Pallavicino. Nella contesa tra i Pallavicino, della marca bussetana e i Rossi, conti di San Secondo, che si protrae lungo tutto l'arco del XIV e del XV secolo, i primi si appropriano di Zibello e Rezinoldo, che nel 1417 viene bruciato. Nel 1449, però Francesco Sforza conferma solennemente la proprietà dei Rossi sulle terre contese. E' a questo punto che entra in scena Roccabianca: Pier Maria Rossi, infatti attorno alla metà del secolo, fa erigere un castello nei pressi di Rezinoldo, a difesa delle terre che possiede presso il Po. Secondo alcuni il suo nome deriverebbe da quello di Bianca Pellegrini, per la quale il Rossi, suo amante, avrebbe in realtà fatto costruire il castello.
Francesco Luigi Campari, il maggiore storico del paese di Roccabianca, invece, sostiene che il nome della rocca deriva dal fatto che essa fosse interamente intonacata di bianco e a questo proposito cita cenni storici.

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Per maggiori informazioni sulla manifestazione "November Porc".

Per scoprire altri luoghi della nostra meravigliosa Italia: Italian Tourism Expo

In Mezzo al PO - località Sacca di Colorno - ottobre 2013

Pubblicato in Ambiente Emilia
Domenica, 02 Novembre 2014 10:00

Un PO di burro.

Ci voleva proprio il "Time" per riabilitare il burro?

di Lamberto Colla - Parma, 31 ottobre 2014 -

Nella culla del "parmigiano", in quelle terre a scavalco del PO che comprendono le province di Parma, Reggio nell'Emilia, Modena e una parte di Mantova e un'altra di Bologna, il burro è sempre stato, come il famoso formaggio DOP "parmigiano Reggiano" un componente importante della dieta alimentare.

Sciolto sui "tortelli d'erbetta" piuttosto che sulle paste in "bianco" o usato per cucinare la carne, il "burro", per lo più prodotto dalla panna di affioramento residuale della lavorazione del "Parmigiano Reggiano", magari accompagnato da un velo di zucchero o di marmellata spalmato sulla fetta di pane è stato il quotidiano compagno di merende dei bambini di campagna e di città. Chi non ha nostalgia di quegli anni, quando la mamma ci rincorreva per farci fare la sacrosanta merenda. Estate - inverno sempre a giocare, nelle periferie delle città, tutte uguali. In quelle disordinate terre di nessuno a fare da interdizione tra la campagna e la città che da lì a poco sarebbero divenute territori di conquista delle gru, simbolo della rinascita dell'Italia negli anni '60.

Affioramento della panna nella lavorazione del Parmigiano Reggiano

Cresciuti tutti bene e sani a differenza degli americani, coloro i quali iniziarono la guerra contro il nostro burro, proprio loro, mangiatori a "sbafo" di margarina. Già la margarina, il surrogato del "burro". Quel prodotto "inventato" per soddisfare i soldati napoleonici durante le lunghe campagne di guerra. Parente solo per il colore e la spalmabilità al più prezioso e nutriente burro, la margarina è il risultato dall'idrogenazione dei grassi vegetali, venne "spacciata" per alimento "leggero" quando invece era nota, almeno a tutte le comunità scientifiche, l'indigeribilità dei grassi trasformati nel processo di idrogenazione.

Pane burro

E gli effetti negativi sulla salute degli statunitensi non hanno tardato a manifestarsi con una obesità diffusa e oggi finalmente contrastata dalla First Lady Michelle Obama.
Forse, anche in forza di questa spinta politica, è per questa ragione che molte delle tradizioni mediterranee stanno per essere riabilitate dalla cultura scientifica d'oltreoceano.

Ed è proprio dell'estate scorsa che, attraverso il "Time", è stata data una spallata al comune pregiudizio sulla pericolosità del burro.
"La sua riabilitazione, scrive adnkronos lo scorso 21 giugno commentando la copertina di TIME, sembra dunque annunciare una vera e propria rivoluzione negli Usa. La rivista cita uno studio dell'Università di Cambridge (Uk), pubblicato su 'Annals of internal medicine', che ha passato in rassegna circa 80 ricerche su oltre 500 mila persone. I ricercatori sono giunti alla conclusione che i grassi saturi non aumentano il rischio di incorrere in patologie cardiovascolari.
Secondo lo studio, inoltre, anche i cosiddetti grassi 'buoni' sembrano non avere effetti protettivi rispetto al rischio".

Una notizia che può avere sorpreso molti ma non sicuramente il Dr., Dr. H.C., Prof. Giovanni Ballarini, illustre scienziato ma anche appassionato di culinaria tant'è che dal 2008 è stato chiamato a presiedere la prestigiosa Accademia Italiana della Cucina, il quale scrisse, circa una decina d'anni fa, addirittura l'Elogio del Burro, "Butter is Better".

Uno scritto che è sempre un piacere leggere per la preziosità dei contenuti narrati da mano appassionata e capace.

Per questa ragione, credo conveniente, riportare alcuni stralci che, ne sono sicuro, gradirete.

Una musica per il palato - Foto Consorzio Parmigiano Reggiano

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CENNI STORICI SUL BURRO

Il rapporto che l'uomo ha con gli alimenti non è mai stato unicamente ed esclusivamente di tipo nutrizionale o, come oggi si dice, fisiologico, e neppure di tipo soltanto economico. La scelta degli alimenti e di conseguenza anche il loro valore è dipeso e continua a dipendere anche dal soddisfacimento d'altre esigenze, di tipo psicologico interno spesso inconscio, ma anche di riferimento e legittimazione di valori e significati culturali. Questi potevano anche essere il frutto di condizionamenti spirituali e religiosi, poi tradotti in regole di vita od in rituali, quando non erano la fonte di pregiudizi culturali, che spesso vediamo ancora persistere od assumere nuove forme nelle attuali "religioni laiche". In quest'ambito, soprattutto per lo storico dell'alimentazione e del costume, ma anche dell'economia e della salute, una particolare importanza assumono i condimenti sia come fondi di cottura, sale ed aceto, spezie, ma soprattutto le sostanze grasse, che sono una componente irrinunciabile ad ogni sistema alimentare, definendone caratteri, specificità ed identità, tanto da poter essere inquadrati tra i marcatori culinari. In quest'ultimo ambito il burro non può essere considerato da solo, ma in rapporto anche ad altri grassi.

Lunga è la storia del burro, anzi la sua preistoria, in quanto si fa risalire all'inizio della domesticazione degli animali da latte, anche se con una contrapposizione ai latti fermentati. In modo molto schematico si ritiene che la vasta area della domesticazione degli animali produttori di latte, fin dai primordi sia stata inizialmente divisa in due sottoaree: a meridione ed in ambito della fertile mezzaluna
la temperatura elevata ha favorito lo sviluppo dei latti acidi; a settentrione il clima freddo ha favorito la produzione e l'utilizzo dei burro.

Nella Naturalis Historia (libro XXVIII) Plinio il Vecchio scrive che dal latte si ricava il burro e che questo è l'alimento più raffinato, e non soltanto un condimento, dei popoli barbari: un prodotto alimentare il cui consumo distingue i ricchi dai poveri (E lacte fit et butyrum, barbararum gentium lautissimus cibus et qui divites a plebe discernat). Il burro, condimento di lusso e grasso di élite dei popoli settentrionali, definiti "barbari", si contrappone all'olio d'oliva in uso presso i romani ed i greci, popoli "civili".
Oltre questa contrapposizione tra barbari e civili s'inseriscono già gli usi non nutrizionali del burro. Sempre Plinio ricorda che il burro ha attività protettive dai raggi solari e dall'umidità, per molti versi peraltro simili a quelle dell'olio. Se i barbari hanno l'abitudine di spalmarlo sulla pelle, Plinio ricorda che "anche noi lo facciamo con i nostri bambini". A Roma, infatti, il burro era reperibile, ma per usi diversi da quelli alimentari. Per questo Caio Giulio Cesare si stupisce quando, nella Gallia Cisalpina, gli sono offerti asparagi cotti nel burro. In tempi precedenti, in Grecia Ippocrate ricordava che il burro era importato dall'Asia per essere usato come unguento.
Nell'antichità la contrapposizione olio/burro era costantemente rappresentativa di un contrasto tra civiltà e barbarie. Riferendosi ai montanari dei Pirenei, Strabone con disprezzo afferma che "il burro serve loro da olio".

Passando al Medioevo JeanLouis Flandrin individua il burro come alimento popolare e provinciale, in contrapposizione anche all'olio. E' soprattutto nel medioevo che però si stabilizza la gran divisione dell'Europa in due parti. Nell'area mediterranea domina incontrastato l'olio d'oliva e successivamente d'altri vegetali, mentre nell'area continentale dominano i grassi animali, da quello di maiale (lardo e strutto od oleum lardinum) al più prezioso e raffinato burro. Una bipartizione tra grassi vegetali ed animali che comporta anche pregiudizi: se il burro nei paesi nordici era ritenuto ricco di virtù terapeutiche, e capace di alleviare la fame e la sete, oltre che imprimere energia, nell'Italia meridionale era considerato pericoloso, e causa di terribili malattie, quali la lebbra. Una concezione razzista quest'ultima che vediamo ripetersi per ogni alimento esotico: tipica è l'accusa, ancora nel settecento, alla patata di causare la lebbra.

Nell'ora accennata bipartizione s'inserirono anche valutazioni d'ordine religioso e soprattutto quelle relative ai concetti di "magro" e "grasso" e dell'astinenza dalle "carni". Termini questi che devono essere virgolettati in quanto di valore religioso che non coincide con quello odierno di tipo "botanico" o "zoologico". Infatti, già durante il Medioevo, il burro fu ammesso come alternativa all'olio per i giorni di magro, dapprima sporadicamente e, poi, in maniera sempre più generale. Negli ultimi secoli del Medioevo le autorità ecclesiastiche di diverse comunità dell'Europa settentrionale concessero il burro come condimento "magro" e nel capitolare de villis di Carlo Magno il butirum è elencato fra i prodotti quaresimali. In questo modo il burro viene a collocarsi vicino all'olio nella cucina "magra", mentre il lardo rimane sempre nella cucina "grassa".

Anche se non strettamente necessario, è utile accennare a quello che sembra sia stato il criterio religioso per discriminare tra "magro" e "grasso", qui di nuovo virgolettati. Con riferimento prima alla quaresima, poi per estensione alle vigilie ed a tutte le altre occasioni d'astinenza, sembra sia il criterio preso come riferimento sia stata l'arca di Noè che durante quaranta giorni (la stessa durata della quaresima) portò in salvo anche gli animali che, ovviamente non furono mangiati. Ciò che era fuori dell'arca poteva essere mangiato da Noè e dalla sua famiglia: dal pesce alle rane fino ad alcuni uccelli acquatici come le folaghe. Quest'ultima, almeno, era, infatti, l'interpretazione data dai monaci dell'abbazia di Pomposa. Inoltre tutto quello che era dentro all'arca era definito come "grasso" e quello che era fuori, invece, era giudicato "magro". La regola poteva tuttavia essere interpretata ed è ovvio che se sull'arca vi era una mucca, Noè e la sua famiglia si sarà cibato del latte e dei suoi derivati, ad iniziare dal burro. Per questo il burro poteva essere definito "magro".

Con il procedere dei tempi e soprattutto con il diminuire della forza delle concezioni religiose, pur interpretate come facevano i monaci dell'abbazia di Pomposa... assumono maggiore importanza le componenti economiche e da non trascurare quelle gastronomiche. Infatti, i caratteristici punti di fusione dei diversi grassi li indirizza ad usi specifici: gli oli per condire, i grassi per cucinare, ecc. In questa situazione il burro non ha un posto di rilevo. Da una parte è confinato tra gli Alimenti "magri" e dall'altro è ritenuto un alimento per poveri, come sopra già indicato. Nel XV secolo in Italia vi è ancora una certa ambivalenza di significazioni.
Il Platina nel suo famoso trattato De honesta voluptate et valetudine composto a circa la metà del XV secolo afferma che il burro si può usare "in luogo del grasso e dell'olio per cucinare qualsiasi vivanda", ma nello stesso periodo il padovano Michele Savonarola sostiene che "molti (il burro) l'usano in loco de olio ( ... ) ma el buthiero nuoce allo stomaco e ai soi villi, quelli relaxendo, e a chi non l'ha usato, ge turba el stomaco".

Nell'etá moderna il burro assume un ruolo di èlite. Già a metà del secolo XVII Vincenzo Tanara nella sua opera L'economia del cittadino in villa non solo riconosce la particolare vocazione nei paesi settentrionali di quest'alimento, ma anche il suo utilizzo da parte dei ceti abbienti. Presso gli antichi, riferisce Tanara, il burro era la separazione della nobiltà dalla plebe, del ricco dal povero, perché il plebeo povero non poteva usare il burro per il suo prezzo elevato. Oltre alla possibilità di usare il burro al posto dell'olio e d'altri grassi, molte proprietà medicinali gli sono ascritte: dalle malattie respiratorie da raffreddamento al catarro ed alla tosse; dalle scottature alla cura dei foruncoli; dall'azione benefica sulle gengive e di rendere più fermi i denti alle screpolature delle labbra ed infiammazioni della bocca; dalla capacità di far sputare, fino all'attività contro il veleno di vipere ed aspidi, senza dimenticare le benefiche attività quando è spalmato sul corpo. Nell'alimentazione è sottolineata la sua capacità di sostituirsi all'olio, ma anche di essere utilizzato nelle decorazioni dei piatti e come medicamento.

Poco tempo dopo, il cardinale Alberoni, proponendo al re di Spagna, per le seconde nozze avvenute nel 1714, Elisabetta Farnese la descriveva "impastata di butirro e di formaggio piacentino" e cioè nutrita con quanto di meglio vi era, il che doveva far immaginare una pelle liscia e vellutata. Un rapporto tra burro e pelle d'altronde ben radicato anche negli allevatori che dalla sottigliezza ed untuosità della pelle dicevano di poter individuare la vitella o la vacca che avrebbe dato un latte ricco di grasso.
Come si vede il burro ha sempre avuto ma duplice valutazione: positiva e negativa, ma sempre per motivi estranei alla sua composizione. Una lunghissima preistoria ed un'ampia e diversificata storia ha comunque spesso celebrato gli aspetti positivi del burro, nelle sue molteplici applicazioni, ma soprattutto in quelle alimentari, sia nutrizionali sia gastronomiche, senza dimenticare le applicazioni cosmetiche e le utilizzazioni medicinali. Aspetti positivi che sono ampiamente documentati dalla tradizione, ma anche dal suo valore simbolico e, non da ultimo, anche dal suo valore commerciale, quando ad esempio in pianura padana il burro aveva un prezzo almeno pari a quello del formaggio grana.

Negli ultimi anni e per una non sempre limpida serie di motivi vi è stata un'inversione di valutazione e dall'amore sembra che si sia passati ad un odio, fino ad un'ingiusta criminalizzazione del burro che, nel quadro di una religione salutistica "laica", non è molto diversa dalla concezione che derivava da una religione "fideista" che lo inseriva tra i cibi "magri", in quanto prodotto da un animale portato da Noè sull'arca.
Il recente sviluppo della ricerca sulle attività non soltanto nutrizionali, ma anche sulle attività extranutrizionali e sulle caratteristiche salutistiche degli alimenti, non solo sta dimostrando che la tradizione aveva ragione, ma che il burro è dotato di particolari attività salutari, forse più d'altri alimenti oggi di moda

"Recenti indagini indicano come i grassi del burro hanno rilevanti attività salutistiche, in particolare di tipo extranutrizionale: attività immunostimolanti ed antinfettive, ormonali, psicodietetiche, anticancerogene, protettive cardiovascolari, antiartritica ed antiosteoporotica che rivalutano un alimento ingiustamente criminalizzato.
Inoltre il burro ha inimitabili doti che lo rendono insostituibile in cucina."
(Diritti del professor Giovanni Ballarini)
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- Informazioni sul burro -

Attività nutrizionali
Il nuovo orientamento nutrizionale e la rivalutazione del burro è una rivoluzione dovuta essenzialmente al nuovo posizionamento che i grassi hanno assunto nel fabbisogno giornaliero procapite:
il 30% delle calorie deve necessariamente derivare dai grassi.
In una normale dieta si dovrebbe consumare una quantità di grassi pari a 60-90 grammi al giorno: se si compie una discreta attività fisica o se si è in fase di accrescimento la quantità di grassi giornaliera dovrebbe arrivare a 100 grammi o più.
Ai grassi oggi sono collegate una serie di attività cosiddette extranutrizionali: i grassi sono importanti non solo quali apportatori di energia ma quanto apportatori di altri elementi che sono necessari per una vita sana e per un buon livello di salute.
Parlare di burro significa evocare il fantasma di un'altra parola ben più temuta: colesterolo.
Oggi le nuove conoscenze hanno stabilito che non è tanto importante la quantità: ma il rapporto tra colesterolo e lecitina.
Se infatti al colesterolo viene affiancata una discreta quantità di lecitina esso si trasforma in "colesterolo buono".
Nel burro ci sono circa 15 parti di lecitina per una sola parte di colesterolo.
Nel grasso del latte sono presenti inoltre degli acidi grassi che sviluppano un'ottima azione anti-tumorale, le vitamine A ed E che hanno proprietà antiossidanti ed il selenio.

Le attività salutistiche dei grassi del latte e del burro sono molteplici: dalla protezione dalle malattie cardiovascolari, ad una attività immunostimolante e di regolazione contro le allergie, ad una attività protettiva contro l'osteoporosi.
Senza dimenticare che i grassi del latte svolgono anche un'attività, più difficilmente dimostrabile, di natura psicodietetica ovvero di controllo psichico del senso di fame.

Il Burro in Cucina
Le caratteristiche gastronomiche del burro sono essenzialmente due:
la prima è quella che permette una cottura dolce legata al fatto che il burro contiene una discreta quantità d'acqua e proteine; l'altro aspetto è caratterizzato dalla presenza di lecitina che conferisce alle preparazioni gastronomiche particolare fragranza e morbidezza.
Pensare di produrre pasticceria di qualità senza l'apporto del burro è praticamente impossibile.
Vi è anche un altro aspetto importante da valutare: non esiste infatti un solo tipo di burro ma tanti tipi di burro così come esistono tanti tipi di vini e di oli di oliva.
L'originalità e la tipicità del burro dipende dal tipo di alimentazione della vacca da latte.
Un tempo la caratteristica di un burro era determinata esclusivamente dalla stagionalità. Le mucche partorivano in primavera, si cibavano di foraggio fresco, il periodo estivo era quello della lattazione che si protraeva fino agli inizi di novembre, quindi il risultato era un burro di colore giallo, molto fluido e spalmabile per la presenza di acidi grassi corti.
Oggi la situazione è ben diversa. Il latte viene prodotto tutto l'anno e la sua produzione, legata tendenzialmente alla creazione di formaggi di tipo industriale, punta molto sulla quantità di latte prodotto.
Nella nostra regione, precisamente nella zona di produzione del Parmigiano-Reggiano, i produttori di latte hanno voluto continuare nel solco della tradizione alimentando le vacche da latte esclusivamente con foraggio fresco e con alimenti rigorosamente approvati dal Consorzio del Parmigiano-Reggiano.

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Per maggiori informazioni sulla manifestazione "November Porc".

Per scoprire altri luoghi della nostra meravigliosa Italia: Italian Tourism Expo

Pubblicato in Agroalimentare Emilia
Domenica, 26 Ottobre 2014 09:57

Alla scoperta del “culatello”.

Quest'anno ricorre il trentennale del corso di formazione che recuperò l'antica arte dei "macellini".

- Parma, 26 ottobre 2014 -
Riconosciuto come DOP (Denominazione di Origine Protetta) dal 1996 il "Culatello di Zibello DOP" ha origini molto più antiche e "nobili".
Sembra infatti che questo tipico salume della "bassa parmense" sia stato portato in dono alle nozze tra Andrea dei Conti Rossi e Giovanna dei Conti Sanvitale nel 1322. Prodotti da "investitura" sono stati rintracciati in scritti ancor più antichi nei quali si faceva riferimento alla prelibatezza del prezioso salume. Tanto prezioso che era consuetudine utilizzare il "culattello" in pagamento di quanto dovuto ai nobili proprietari terrieri.

Il Culatello selezionato per il Principe Carlo d'Inghilterra - Antica Corte Pallavicina

Un prodotto quindi tradizionalmente destinato alle ricche tavole dei nobili ma praticamente assente da quelle del volgo il quale invece doveva, per così dire, accontentarsi del "Fiocco di Culatello" realizzato con le due fasce muscolari anteriori del prosciutto mentre le tre posteriori venivano destinate alla produzione del più pregiato Culatello.
La fetta di culatello è perciò ben riconoscibile dalla importante "noce di grasso" che si estende dalla periferia a quasi il centro della fetta dalla quale si inseriscono i tre fasci muscolari.

Culatello di Zibello DOP - la "Noce di Grasso" che congiunge le tre fasce muscolari

Posto che vai salume che trovi. Se il "Prosciutto di Parma" deve la sua squisitezza e popolarità all'aria secca che fluisce a Langhirano, e zone limitrofe, proveniente da mar ligure accompagnando nella stagionatura il più famoso prodotto di salumeria (prosciutto deriva da prosciugare) il Culatello e alla pari il Fiocco di Culatello devono la loro qualità alla "nebbia", perciò all'umidità, tipiche delle zone rivierasche del PO.
Da metà novembre e sino a fine febbraio le temperature rigide della pianura padana consentono di procedere al rito laico della macellazione del maiale e alla conseguente produzione delle decine di salumi che ne derivano. Ed è proprio la "nebbia" e il "Genius Loci" (ambiente microbico locale) che consente la maturazione, del prodotto. Il marcatore culturale che consente la produzione, "solo in queste zone", del principe dei salumi.

La stagionatura "umida".
Infatti, dopo i primi 10-12 giorni posto a riposare in ambiente fresco e ventilato e i seguenti 3-4 mesi in ambiente asciutto, i restanti 7-11 mesi, il "Culatello di Zibello", viene lasciato maturare nell'ambiente umido di cantina costituita di pareti di mattoni e pavimentazione di sabbia, il regno del genius loci.
A fine stagionatura il Culatello, riconoscibile per la sua forma globosa a "pera" dovuta alla rifilatura delle masse muscolari alle quali furono asportate le parti grasse in fase di preparazione, ha perduto circa il 45% del suo peso originale passando da circa 6 chilogrammi a 3-3,5 kg.
Per il consumo del prodotto manca ancora una fase: il "bagno purificatore" . Per due giorni il culatello viene lasciato in ammollo in acqua (alcuni indicano di usare il vino) al fine di ammorbidirlo e essere così pronto per la affettatrice, rigorosamente di ampia lama, per passare quindi alla tavola, questa volta, di tutti i palati.

Del recupero della antica arte dei "macellini" (coloro che andavano di casa in casa a confezionare i tanti salumi realizzabili con il maiale allevato per un anno intero dalla famiglia contadina), altrimenti chiamati "norcini", si deve al CFPA di Sissa (Centro di Formazione Professionale per l'Agricoltura) della Regione Emilia Romagna che, giusto 30 anni fa decise di avviare il primo corso di formazione, proseguito senza interruzione da Agriform srl, ente di formazione scaturito dalla fusione - misto pubblico privata - tra i centri di formazione in carico alle Organizzazioni Professionali Agricole e il CFPA regionale di Sissa.

Un corso che divenne da subito popolare a livello nazionale al punto tale che venne l'idea di portarlo "fuori" dalle mura della scuola per due giorni all'anno inaugurando, nella ricorrenza del decimo anno del ciclo formativo, la festa "I Sapori del Maiale" alla quale venne legato il "Mese gastronomico Sissese" oggi inglobati all'interno della più ampia manifestazione November Porc.

Coincidenza vuole che quest'anno cada quindi il ventennale della manifestazione sissese e il trentennale del corso di formazione che diede vita e alimentò la manifestazione sin dalle sue origini.

E dal prossimo 8 novembre prenderà il via, proprio da Sissa, la lunga e affascinante manifestazione "November Porc" che vede protagonisti i migliori prodotti locali festeggiati nei comuni di Sissa (8 e 9 Novembre), Polesine Parmense (15 e 16 novembre), Zibello (22 e 23 novembre) e Roccabianca (29 e 30 novembre).

Per maggiori informazioni sulla manifestazione "November Porc".

Per scoprire altri luoghi della nostra meravigliosa Italia: Italian Tourism Expo

 

Pubblicato in Agroalimentare Emilia

Cibus Agenzia Stampa Agroalimentare: SOMMARIO Anno 13 - n° 42 20 ottobre 14

(Cliccando su "allegati" è possibile scaricare in formato PDF)


SOMMARIO Anno 13 - n° 42 20 Ottobre 2014

1.1 editoriale Ebola, è vero allarme?
2.1 mercati agricoli Ismea, prezzi agricoli in ripresa a settembre
3.1 Lattiero caseario Il Parmigiano scende più del Padano
4.1 mipaaf MIPAAF, 40 milioni di intervento a sostegno degli indigeti.
5.1 export vini Le Eccellenze vitivinicole a Melbourne
5.2 norme sementiere ASSOSEMENTI: per la selezione del seme aziendale occorre la licenza sementiera
6.1 eventi Speriamo ci sia la nebbia. Tutti pronti per il November Porc.
7.1 turismo Vacanze Slow sul Grande Fiume